Provo a raccontare in poche righe quello che è stata la Maratona del Piceno per me. Parto dalle conclusioni. Con il famigerato senno di poi potrei dire che forse sarebbe stato meglio se fossi rimasto a casa a fare un allenamento, magari più lungo, ma anche più tranquillo. Ho avuto una conferma a quello che scontato è per tutti, o quasi, ma che nonostante tutto a volte stento a pensare. Non sono d’acciaio ed il mio fisico con gli allenamenti lunghi e lunghissimi si logora e soffre. In poche parole dopo aver fatto un lungo di 50 km il 25 aprile, un lungo di 40 km collinari il 27, la Collemar-athon il 4 maggio ed il lunghissimo di 70 km collinare sabato scorso, pensare di correre forte la Maratona del Piceno era davvero da scemi. Ciò che era prevedibile è difatti accaduto. A maggior ragione se a questo si aggiunge che, durante la settimana precedente alla gara, avevo sofferto di forti problemi intestinali (che mi hanno impedito di nutrirmi a mio piacimento durante la maratona) e che domenica mattina alle 7:30 c’erano già 18°C con un tasso di umidità prossimo al 100%. Comunque partenza regolare a 3’30”, corsa solitaria, passaggio alla mezza in 1h14’ e ritorno verso Grottazzolina. I problemi sono iniziati qui. Il sole che asciugava le strade facendo salire l’umidità dell’asfalto, la leggera salita, la mancata alimentazione, la stanchezza degli allenamenti, i crampi intestinali mi hanno massacrato. Al 36° km sono cominciate le soste. Ho proceduto, in alcuni tratti, camminando. Ed arrivare al traguardo è stato, insieme, una sofferenza ed una liberazione. Sono arrivato esausto e quasi nauseato da quanto era accaduto. Il pensiero, è inevitabile, è corso subito alla 100 km del Passatore. Come farò ad affrontare una fatica così bestiale considerando quello che è successo? Non lo so! Non so se riuscirò a trovare le forze e portarlo a termine in qualsiasi caso. Mi rendo conto che più passano gli anni e più la paura per la fatica tende ad aumentare. Usando il gergo pugilistico potrei dire che sono più propenso a “gettare la spugna”. Ma anche questo è bello e fa parte dello sport che amo. E forse un giorno ricorderò con egual passione tanto i successi, quanto le sconfitte. Almeno spero e credo. Un’ultima costatazione. Ho la fortuna di avere al mio fianco un’accompagnatrice eccezionale come Serena. Ormai mi conosce alla perfezione e sa quale sono le mie reazioni sia quando le gare vanno bene che quando vanno male. Domenica è stata la prima a sostenermi e a cercare di farmi riflettere sul fatto che quanto accaduto era dovuto solo ed esclusivamente alla concomitanza di tanti fattori negativi e non ad una cattiva preparazione. E che comunque un 2h37’ in maratona non è poi da buttare via e che al Passatore la storia sarà un’altra. La cosa bella è che lei ne è veramente convinta, io, per fortuna o purtroppo, un po’ meno. Comunque grazie