
Ho letto con attenzione tutti i messaggi lasciati sui vari siti da coloro che hanno avuto la pazienza di dedicarsi alla lettura del mio post “100 km corsi con il cuore” e proprio a costoro vorrei dedicare parte del mio tempo. Ringrazio tutte le persone che hanno mostrato comprensione per le cose da me riportate, testimoniando quanto sia importante, anche per loro, l’aspetto emotivo e mentale nell’affrontare una gara di lunga durata come la 100 km. Ma ringrazio ancor di più chi ha avuto la “forza” per affermare che alcuni concetti da me espressi non sono condivisibili a pieno e per questo ha voluto muovere una critica. Ed è con loro che vorrei confrontarmi. Premetto che nel mio scritto mi riferivo solo ed esclusivamente agli attimi che precedono la gara e che solo adesso voglio estendere il discorso a tutta la preparazione. Partiamo dall’aspetto propriamente tecnico. Non credo che si possano paragonare gli studi e le esperienze fatti sulla maratona con quelli della 100 km. Credo che siano pochi i tecnici al mondo che hanno effettuato ricerche approfondite e protratte nel tempo su atleti di alto livello nel campo delle ultra, ancor meno in Italia. Così come sono pochi i libri che trattano in modo scientifico lo studio della preparazione di una 100 km. Poco se ne sa ed il mondo delle ultra è un mondo ancora inesplorato e sconosciuto ai più. A testimonianza di ciò basta comparare la preparazione affrontata da Giorgio Calcaterra, sia per il Passatore 2008 che per il Mondiale, con quella fatta dagli altri atleti della nazionale. Il caro Giorgio ha preparato entrambe le gare con soli due lunghi da 60 km fatti nell’ultimo mese, ma con una gran mole di chilometri alle spalle e con ottimi ritmi sulle gare corte e buoni in maratona. Tutti gli altri si sono affannati in lavori estenuanti e stancanti che hanno portato a risultati ben diversi. Sicuramente meno positivi. Nessuno ha mostrato la forza e la brillantezza di Giorgio, tantomeno la condizione. Certo molto fa l’atleta, ma è proprio questo modo diverso di preparare la 100 km che, probabilmente (anche perché è stato lo stesso Giorgio ad affermare di trovarsi molto meglio con questo metodo), ha consentito a Giorgio di ottenere il primato personale al Passatore ed il titolo mondiale e delle prestazioni diverse da quelle degli anni precedenti. Questo alla faccia di tutti coloro, tecnici ed atleti, che vedono la preparazione in modo completamente diverso, lunga e faticosa come la 100 km. L’altro aspetto è relativo agli psicologi. Non me ne vogliano, non ho nulla contro di loro e contro la loro professione, ma ciò che ho scritto è relegato solo alla mia esperienza e unicamente alla vita sportiva. Personalmente credo che l’intervento dello psicologo si reputi necessario nel momento in cui c’è un problema da risolvere, non ho mai sentito nessuno che si sia recato dallo specialista solo per fare una chiacchierata. Il problema, ovviamente, può essere più o meno grave, ma comunque sussiste. Bene, proprio rifacendomi a questo mio modo di vedere le cose ho espresso l’opinione che mai farei ricorso agli psicologi per avere maggiori stimoli o motivazioni in una 100 km. La corsa per me è puro piacere, il giorno in cui la competizione dovesse trasformarsi in problema, eliminerei la difficoltà alla radice. Semplicemente smetterei di correre o più propriamente modificherei il mio obiettivo. Non sono un professionista del running ed il mio scopo è la sensazione pura, ma non artefatta, e comunque non il tempo o la posizione. Infine, anche se questo me ne duole, vorrei dedicare due righe a chi (per fortuna o purtroppo una sola persona, almeno che io sappia o abbia letto) ha ritenuto opportuno definire il mio atteggiamento un po’ sfrontato, invitandolo a rileggersi tutti i post passati e a ricercare in essi anche solo un riferimento che possa giustificare le sue accuse, ma soprattutto pregandolo di parlare delle sensazioni altrui con maggiore accortezza e rispetto. Grazie.