giovedì 20 novembre 2008

La mia nuova Stihl 250

È già qualche giorno che non scrivo qualcosa sul blog, un po’ perché non ho molto da raccontare, un po’ di più perché ho mille cose da fare sul lavoro e nella vita quotidiana. Fortunatamente la corsa mi sta impegnando poco e le dedico solo 40 minuti al giorno. Scelgo, ovviamente, le ore più calde subito prima di pranzo, di solito inizio tra le 12:45 e le 13:15. Attualmente non ho in mente grossi obiettivi e mi alleno per il solo piacere di stare all’aria aperta e per restare in forma. Forse domenica farò una gara di 10 km qui vicino da me, a Tivoli. Ma non ne sono certo. Mi scoccia infatti la domenica mattina il dovermi alzare presto e tornare a casa tardi, quando tutti stanno aspettando per il pranzo. Preferisco dunque allenarmi da solo e dedicare parte del tempo a tutte quelle cose che non riesco a fare durante la settimana. Ad esempio domenica prossima sarebbe una buona occasione per mettere in funzione la mia nuova motosega Stihl 250 e tagliare gli alberi del bosco vicino casa mia. Assaporare l’odore del legno appena tagliato insieme a quello caratteristico del sottobosco è un vero piacere. E in più nel trasportare la legna si fa anche un po’ di potenziamento, che, visto il periodo, non fa di certo male. Staremo a vedere, soprattutto non distogliendo lo sguardo dal cielo, in quanto le previsioni mettono in conto la possibilità che cada la prima neve. Sarebbe davvero un bello spettacolo.

domenica 16 novembre 2008

La corsa, solo un bel gioco

Finalmente sono tornato a correre. Dopo una settimana di stop, per recuperare i postumi e le fatiche della 100 km di Tarquinia, ho ripreso gli allenamenti, anche se, come avevo già avuto modo di dire e come era presumibile e scontato, l’ho fatto in maniera molto blanda. Ho corso solo ed esclusivamente per 40 minuti, sulla solita strada che diparte da casa di mia madre e porta verso il comune di Cervara di Roma, invertendo la marcia e riprendendo il cammino di ritorno proprio nel punto in cui incominciano ad alternarsi i vari tornanti e la salita diventa più pesante. È stato piacevole e, per certi versi, emozionante indossare di nuovo le scarpe per correre e calcare le vie fatte migliaia di volte. Ho avuto modo di assaporare in maniera diversa il piacere di uno sport fatto si di sudore e fatica, ma che sa anche regalare emozioni rilassanti quando magari è praticato in compagnia in una bella e mite giornata di novembre, come è stata quella di ieri dalle mie parti. E mentre correvo riflettevo sui benefici, sia fisici che mentali, che questa attività mi regala e dona a tutti coloro che hanno la fortuna e la pazienza di praticarla. E allora si scopre che la gara non è nient’altro che un forte stimolo che si cerca per continuare a vivere più intensamente il tutto, senza la quale non è impossibile amare questo sport, ma di certo non con la stessa intensità e passione. Avere uno scopo preciso e puntuale, come in ogni aspetto del vivere quotidiano, fa si che si riesca a trovare dentro di noi una risorsa in più da potervi investire. L’importante è che l’obiettivo sia sempre controllato e non ci sfugga di mano andando ad interessare ambiti che non lo riguardano. È essenziale quindi capire che la corsa è solo un bel gioco e come tale va trattata, dando ad essa l’attenzione che merita, ma senza che questa travalichi in altri settori, comunque importanti e vitali.

sabato 15 novembre 2008

Limerick di Pierluigi Rinaldi

C'è un certo Marco D'Innocenti
che si merita i miei complimenti:
per chilometri cento
è andato come il vento...
il mio record è stato metri venti!


Cos'è il LIMERICK? Il limerick è un breve componimento in poesia, tipico della lingua inglese, dalle ferree regole (nonostante le infinite eccezioni), di contenuto puntualmente nonsense e preferibilmente licenzioso, che ha generalmente il proposito di far ridere o quantomeno sorridere. Un limerick è sempre composto di 5 versi, di cui i primi due e l'ultimo, rimati tra loro, contengono tre piedi e dunque tre accenti ("stress"), il terzo e il quarto, a loro volta rimati tra loro, ne contengono solo due. Le rime seguono dunque lo schema AABBA. Nel limerick più comune il primo verso deve sempre contenere il protagonista, un aggettivo per lui qualificante e il luogo geografico dove si svolge l'azione, mentre i restanti versi sintetizzeranno l'aneddoto e nell'ultimo verso (solitamente) viene richiamato il protagonista, magari definendolo meglio.

venerdì 14 novembre 2008

Con un pò di nostalgia

L’ultima volta che ho indossato le scarpe per correre è stato sabato scorso. Da quel giorno ancora non ho ripreso gli allenamenti e mi sto godendo il meritato riposo. Devo essere sincero, viste le esperienze precedenti, ero fermamente convinto che il mio corpo uscisse dalla gara quasi devastato, con forti dolori sulle gambe, sulla schiena e difficoltà a fare piccoli movimenti. Certamente in parte lo è stato, ma meno delle altre volte e, se si escludono i forti fastidi che ho avuto alle unghie dei piedi, posso affermare che tutto sommato non sto poi così male. Nonostante tutto ancora non ho ripreso gli allenamenti e molto probabilmente lo farò solo a partire dal prossimo week end. Di certo sarà un impegno molto limitato e blando cercando di riassaporare fino in fondo il piacere della corsa, quel gusto che di fronte ad un evento importante a volte non si può perseguire. Gli allenamenti impegnativi sono decisivi e per questo bisogna affrontarli con la giusta dedizione e convinzione. È inevitabile quindi che l’approccio allo sport assuma un significato diverso dal puro divertimento e sfoci in ambiti fonte di stress. Ma credo che questo faccia parte dei giochi e quindi da accettare. Quanto all’aspetto più propriamente mentale, mi trovo un po’ nella stessa condizione di quella fisica. Ma questo c’era da attenderselo. È risaputo un po’ da tutti quelli che praticano sport agonistico, e comunque immaginabile anche dagli altri, che un risultato positivo da una spinta non indifferente al morale e porta la mente a cercare nuove soddisfazioni provando ad investire risorse inesplorate e inutilizzate negli impegni precedenti. Così la fantasia e l’immaginazione hanno la possibilità di avere libero sfogo ed arrivare in spazi e tempi non immaginabili. Ed il bello è tutto lì. Un’ultima cosa: ho avuto modo già di dire che il risultato cronometrico, così come la posizione ottenuta in gara, hanno un significato che poco conta. Il piacere più grande è legato alle emozioni ed alle sensazioni vissute che nel tempo lasceranno posto alle rievocazioni. Credo che tra qualche anno sarà strabiliante aprire e sfogliare l’album dei ricordi e sorridere di gioia ripensando a questi momenti. Il tutto lo si farà nella piena consapevolezza di averli vissuti intensamente ed in prima persona, succhiandone il gusto più profondo fino all’ultima goccia ed avendone assaporato la parte più dolce, ma proprio per questo con un po’ di nostalgia.

martedì 11 novembre 2008

Il futuro, un mio alleato

Sono esterrefatto ed orgoglioso delle innumerevoli testimonianze di affetto e stima che sto ricevendo in questi giorni. Sono molte le persone che non perdono l’occasione di congratularsi con me per la bella prova di sabato scorso e per il risultato ottenuto. Tanti mi chiedono come è andata e si fanno raccontare i minimi particolari, altri si soffermano su fatti un po’ più generici riguardanti la preparazione e l’interpretazione tattica di una gara così lunga ed impegnativa o si preoccupano di mettere in luce gli aspetti più strettamente legati alla mente. Frequentemente mi viene chiesto che cosa si pensa durante una 100 km e come si fa a trascorrere tutto quel tempo soli con se stessi, quali siano le paure più frequenti, come si affrontano i momenti di crisi o come si fa a giungere al traguardo avendo ancora la forza per correre. Sono tutte domande alle quali dare una risposta non è per niente facile o forse lo sarebbe se si decidesse di semplificare ogni cosa a meri concetti basilari. Ma sarebbe non esaustivo e perderebbe quel filo di fascino che una sfida come questa riveste. A volte mi viene in mente che la risposta migliore sarebbe scrivere un bel libro, dove raccontare in uno pseudo-romanzo tutti questi aspetti, non lasciandoli però isolati, ma facendoli entrare in simbiosi con una storia, anche fittizia, che li renda più possibili palpabili e concreti. Riuscire a mettere cioè in luce come le vicende vissute durante una 100 km non si allontanino poi tanto dalle vicende del vivere, confrontare i momenti di difficoltà e di gioia dell’evento con quelli della vita, far capire che è possibile ritrovare in una gara così lunga elementi tipici della quotidianità e che la paura che può fare una 100 km è legata non solo al modo in cui la si interpreta, ma anche e soprattutto a tutti quei fattori che non è oggettivamente possibile gestire, quei fattori labili e non definibili che determinano in parte la nostra esistenza. Ma chissà se troverò mai il tempo per fare tutto questo, per prendere un bel pezzo di carta con una penna e incominciare a buttare giù qualcosa, anche solo ed esclusivamente per vedere l’effetto che fa. Sentire la gioia di riuscire a trasmettere delle emozioni e non solo di viverle. Non è cosa semplice e da poco, ma del resto non lo è neanche correre per 100 km. Ed il futuro, in questo, potrebbe rivelarsi un alleato.

lunedì 10 novembre 2008

Grazie

Riesco finalmente a trovare un po’ di tempo per scrivere qualcosa su quello che hanno rappresentato e su come sono stati da me vissuti questi giorni passati. Lo ammetto, non so bene da dove cominciare e, come spesso mi capita, non riesco a capire dove mi condurrà il mio scritto. Quello che è certo è che le cose da dire sarebbero troppe, forse infinite, perché riguarderebbero non solo ed esclusivamente i fatti realmente accaduti, con tutti i riferimenti ai momenti pre durante e post gara, ma anche e soprattutto le cose sentite con l’animo, quindi le emozioni e le passioni, le paure e le gioie, la fatica e l’esaltazione. Proprio per questo preferisco, almeno per il momento, soffermarmi su un particolare e riprendere il discorso da dove era stato interrotto giovedì scorso sull’ultimo post prima del mondiale. Avevo solo una cosa da augurarmi, non di giungere al traguardo in un’ottima posizione o con un tempo strabiliante, ma di arrivarci con il sorriso stampato sul volto, in segno di serenità e di gioia. E così è stato. Ho provato questa emozione fin da subito, l’ho percepita, mi ha pervaso il cuore e l’animo, ma soprattutto ho avuto la forte sensazione che tutte le persone care che mi erano intorno la vivessero altrettanto intensamente con e per me. È stato come un fiume in piena, una forza inarrestabile alla quale è stato piacevole soccombere, farsi trascinare e trasportare nello splendore del gioco, godendolo fino in fondo. Ed è stato ancora più entusiasmante riscoprire queste sensazioni attraverso le immagini del video montato e creato da Marta (che ringrazio ancora pubblicamente ed infinitamente), dalle quali emerge, in maniera palese ed oggettiva, la gioia sul mio volto, per la consapevolezza di essere riuscito a cogliere l’obiettivo prefissato. Tutto ciò rimarrà nella mia testa di questi giorni, non rimarranno i tempi o le medaglie, non rimarranno i volti degli avversari, nè tanto meno gli aspetti più propriamente tecnici, ma solo la gioia di aver avuto la possibilità di godere fino in fondo del momento, dell’attimo, dell’occasione. E per questo devo ringraziare tutti coloro che mi sono stati al fianco e mi hanno sostenuto sia materialmente o anche solo con l’animo. Farne un elenco sarebbe inutile e dispersivo, ma soprattutto correrei il rischio di tralasciare qualcuno. Sono sicuro che tutti coloro che hanno creduto in me e più di me in questo progetto, vi si ritroveranno senza fatica e proprio a loro, più che a chiunque altro, dico grazie.

"Al mio campione..." di Serena


Le mie parole sono rare in questo spazio, anche se conosco ogni tua riga e leggo con partecipazione ogni commento, evito di intervenire perché ho la fortuna di averti accanto e di condividere con te ogni piccolo e grande momento di questa faticosa ed entusiasmante corsa che è la vita. Ma la voglia di scrivere è troppa e non voglio aspettare questa sera per confidarti i miei pensieri e poi ho qualche sassolino nelle scarpe…
Uno piuttosto fastidioso è di chi non sa nulla della corsa e dello sport e, dall’alto della sua ignoranza spara a zero con un suo “Bhe… avresti potuto fare di più!” . Ma quando si confonde lo sport con lo zapping televisivo, quando la noia e l’idiozia banchettano allegramente nella mente, quando lo sproposito è l’unico modo per esprimersi, è facile dire cavolate!
Altri sassolini, che mi porto dietro ormai da più tempo e fanno meno male perché ormai si è fatto il callo, è di chi, in questa lunga preparazione per il mondiale, ti ha creato solo nervosismi e ansie che ho cercato invano di sedare convogliandoti su altri pensieri, su altri umori, ma che ora con fermezza voglio contrastare. Che la tua dirompente gioia della vittoria spenga nel silenzio tutte le parole tirate in aria, senza cognizione, da quelli che avrebbero dovuto starti vicino e che un velo di vergogna chiuda le loro sciocche pretese, i loro ingenui obblighi.
Ma ora basta spendere parole per gli altri! Mio dolce campione, chiudi gli occhi e ascolta la tua gara … ha mille voci, le senti? Voci che raccontano infinite sensazioni ed emozioni diverse, attraverso le parole, le foto ma anche attraverso gli sguardi e i sorrisi. C’è la tua voce, quella dei tuoi cari amici, dei tuoi angeli custodi, dei tuoi avversari, di chi ti stima, di chi conosce la cento e sa cosa hai compiuto; di chi ti ama e corre con te, metro dopo metro. Fanno una ricca eco nel tuo cuore che si amplifica e rinforza nelle tue emozioni, che pulsa nelle tue vene e ti scorre in tutto il corpo a ricordarti che: un sogno non si può abbandonare solo perché è difficile, ci fa soffrire o peggio ci fa paura sognarlo … grazie per avermi dimostrato che è così, continua a sognare mio dolce campione e che io possa avere sempre la fortuna di condividere i tuoi sogni…
Tua, Serena

domenica 9 novembre 2008

venerdì 7 novembre 2008

giovedì 6 novembre 2008

Il regalo più bello

Mi accingo, forse per l’ultima volta prima della gara di sabato prossimo, a scrivere qualcosa sul mio blog. A dire il vero non so bene cosa, ma è comunque mia intenzione lasciare una traccia storica su quel che è e sarà la mia vigilia. Non posso nascondermi dietro ad un dito, la tensione c’è e si sente. Ciò è inevitabile per mille e più motivi. Anche quando non penso alla competizione sento dentro di me qualcosa che non mi lascia in pace e non mi fa stare tranquillo. Definire con precisione cosa sia questa sensazione è davvero difficile e arduo, quasi come correre una 100 km. Non riesco a trovare dentro di me le parole, così come non riesco a percepire il senso di rilassatezza tipico del tram tram quotidiano. Cerco, senza risultato, di allontanare il pensiero altrove e volgere lo sguardo verso altre mete. Inevitabilmente, però, ogni cosa mi riconduce a sabato, ogni dettaglio mi riporta al mondiale, ogni secondo è un secondo in meno che mi separa dall’evento. Non credo che una pressione così potrebbe essere da me sopportata per tanto tempo e proprio per questo non vedo l’ora che tutto ciò abbia termine. Ma nella piena consapevolezza che quello che sto vivendo sia quanto più normale e scontato mi potessi aspettare, provo a trasformare il tutto in energie positive. Rifletto e provo ad allontanarmi dalle mie emozioni, cercando di vedermi da fuori, come se io non fossi tale. E in questo soffermarmi a scrutare la realtà da un altro punto di vista, godo della mia posizione. Mi rendo cioè pienamente conto che ogni emozione, ogni sensazione, ogni sentimento è un regalo particolare di cui posso godere in modo quasi esclusivo. Ed in questo mi sento un privilegiato. So che sabato molti occhi e tanti cuori guarderanno il mondo e batteranno forte per me. Tante persone mi saranno vicine nel correre la gara e tutte loro soffriranno e godranno per le mie sofferenze e per le mie gioie. Ed allora l’augurio più grande che posso farmi non è, paradossalmente, quello di regalare a tutte loro un risultato prestigioso, ma solo ed esclusivamente un sorriso rilassato e sincero tagliando il traguardo.

sabato 1 novembre 2008

I miei angeli custodi

Con oggi è iniziato davvero il conto alla rovescia finale, quello più importante che mi condurrà alla gara di sabato prossimo. Oramai ogni cosa verrà fatta solo ed esclusivamente in funzione del grande appuntamento. In realtà non c'è molto da fare, se non aspettare e sperare che non ci siano problemi di particolare importanza e gravità da qui a sabato. Mi capita spesso di pensare a come sarà la gara, a come si svilupperà e a quale ritmi sarà impostata. Ciò mi capita prevalentemente durante gli allenamenti e, a volte, quando sono disteso sul letto. Durante la giornata, invece, i miei pensieri sono rivolti ad altri aspetti. Su tutti a quali cose portare con me nei giorni di permanenza a Tarquinia. Quali cose potrebbero risultare importanti per affrontare al meglio la gara ed evitare di avere gravi disagi. Molto dipenderà anche dalle condizioni meteorologiche. Se le previsioni daranno buone notizie, allora potrò partire senza dover provvedere a portare con me troppa roba necessaria per proteggermi. Certo è che se si dovessero prevedere cattive condizioni meteo, allora tutto cambierebbe. Altro aspetto importante è la gestione dei ristori. Conosco il percorso e so che i rifornimenti fino al 37esimo km dovranno essere consegnati all'organizzazione che li disporrà sui tavoli. Sarà quindi importante contrassegnarli con elementi che li facciano riconoscere subito. Credo che metterò un'asticella con su una bandierina, magari dell'Italia. Vorrei inoltre attaccare alla bottiglia anche qualcosa da mangiare. Si perché il mio problema più grande sarà l'alimentazione, visti gli alti consumi energetici che ho. Il mio metabolismo è talmente tanto accelerato che, anche se finisco di fare colazione un'ora prima della gara, non ho alcun risentimento a livello di stomaco in termini di digestione. Anzi dopo pochi km sento già la necessità di cominciare di nuovo a mangiare. Per quanto riguarda la parte del percorso in cui si entra nel circuito sono molto più tranquillo. Qui so che troverò i miei tre angeli custodi (uno per ogni ristoro) che non mi faranno mancare niente e che penseranno ad ogni cosa. É già previsto che stiano in collegamento tra loro attraverso telefonini e radioline per avvisarsi sulle mie condizioni e necessità. Chi sono costoro? Mio fratello Gian Luca e Serena, sempre presenti ed immancabili. Non ho corso nessuna 100 km senza il loro utile apporto, non solo materiale. E poi una grande new entry: il mio Amico Mauro Firmani. Chi vive e pratica il mondo delle Ultra italiane conosce senz'altro Mauro. Non passa di certo inosservato, non solo per la sua mole, ma per il suo spirito. È una persona stupenda, così come straordinarie sono le sue doti umane e la capacità di rapportarsi al prossimo. Non ci conosciamo da molto, ma la nostra amicizia è iniziata in un periodo molto particolare e proprio questo ha fatto si che si rafforzasse nel tempo. La sua volontà era di correre la 100 km per scendere sotto il muro delle 10 ore e riuscire a stare al mio fianco nei momenti in cui sul circuito lo avrei superato. Ma il suo sogno si è infranto un paio di settimane fa per problemi ai menischi. Forti dolori durante un allenamento ed inevitabile intervento chirurgico che ha fermato le sue ambizioni. A quel punto la scelta sul terzo angelo custode è stata inevitabile e Mauro ho accolto ciò con infinito entusiasmo. Conosco la sua serietà e professionalità, ma soprattutto la sua esperienza in campo atletico. Sono sicuro che, insieme a Gian Luca e Serena, non mi faranno mancare niente.