sabato 31 gennaio 2009

Hakuna matata

Questa volta, rispetto a tante altre, la mia assenza dal blog ha una giustificazione degna e giusta. Sono, o meglio insieme a Serena, siamo stati via per il viaggio di nozze per una decina di giorni. In particolare siamo stati al caldo dell’isola di Zanzibar, sulle coste della Tanzania, poco sotto la linea dell’Equatore. E mentre qui in Italia impazzavano piogge gelide e neve, lì da noi a farla da padroni erano sole e temperature tropicali. Normalmente stavamo intorno ai 35° C e immergersi nell’oceano Indiano portava le stesse sensazioni che infilarsi nella vasca da bagno di casa. Una vasca da bagno, ovviamente, dalle dimensioni leggermente più grandi. Acqua cristallina a 25° C. Uno spasso da non morire mai. In questi 10 giorni ho trovato anche il tempo per allenarmi, logicamente sulle spiagge bianche chilometriche ricolme di infinite palme di cocco. Non sono riuscito a correre per più di un’ora al giorno, anche perché era come muovermi con al fianco una stufetta che emanava un’aria che definire calda è davvero un eufemismo. Aldilà di questo e dei posti belli, ciò che mi ha colpito è stato confrontarmi con una realtà estremamente diversa dalla nostra. Mi riferisco allo stato in cui si trovano la maggior parte degli abitanti dell’isola. Molta povertà e poco lavoro. Girando per le strade, poco curate e molto trasandate, ci si imbatte in persone, almeno all’apparenza, tranquillamente sdraiate a non fare niente in attesa di non si sa bene che cosa. Ciò che colpisce è l’estrema tranquillità con cui affrontano questo loro status sociale e come non facciano niente per sovvertirlo. Hanno per tutti un sorriso e sono sempre disposti a dirti “Hakuna matata”, che in swahili signica “Nessun problema”. Sembrano non preoccuparsi del domani e l’unica difficoltà da risolvere è trovare qualcosa da mangiare per la giornata che stanno vivendo. Non ho ben capito se sono tradizionalmente legati a questo modo di pensare, se è stata solo una mia forte impressione o se, pur coscienti, sono consapevoli che affannarsi non cambierebbe nulla, tanto vale non fare niente. Comunque stiano le cose, una cosa da insegnare a noi la hanno. Si può riuscire a vivere, magari senza troppi agi, senza stress e godersi la vita anche con quel poco che si ha a disposizione. Forse gli scemi siamo solo noi.

9 commenti:

GIAN CARLO ha detto...

In bocca al lupo per il dopo viaggio di nozze :-)
Girare e scoprire nuove realtà ci apre sempre la mente e ci fa riflettere... di solito ci riesce anche la corsa...ma questa storia la conosci molto meglio di me.

Sarah Burgarella ha detto...

Beh dai, intanto qui sotto pioggia e neve ti hanno stampato un mega servizio da ben 8 pagine su Runner's World di febbraio, con fotografie quasi formato poster! Che, dopo i recenti errori di Correre in merito al Mondiale, per l'Ultra italiana ci sta.

Anonimo ha detto...

marco, io vivo in brasile da 10 anni. la sensazione di correre con la stufa a lato me la vivo tutte le mattine alle 5. io posso risponderti che la tua impressione finale sulla popolazione locale è esatta (e denota la tua intelligenza e umiltà): a loro (e anche a me) di lavorare di più per avere più soldi GLIENE PO' FREGA' DE MENO! questo è il pensiero tradizionale di tutti i popoli del mondo pre-capitalista. tra gli indiani d'america o gli antichi romani avresti visto le stesse scene.
una curiosità personale: verso la fine degli anni 90, ti allenavi qualche volta a lago di c.gandolfo insieme a leandro croce?
luciano er califfo.

Marco D'Innocenti ha detto...

Caro Gian Carlo, grazie di cuore per la gara più importante e forse impegnativa della mia vita. Spero di uscirne vittorioso, ma non da solo. Quanto al viaggio hai ragione, a volte l'importante è e rimane la possibilità di confrontarsi con altre realtà, davvero tanto distanti dalla nostra. Un caro saluto

Marco D'Innocenti ha detto...

Cara Sarah, come ho avuto modo di spiegare sul mio post precedente, l'articolo su Runner's rappresenta per me un regalo immenso. E probabilmente il dono non è stato fatto solo a me ma anche a tutto il mondo delle Ultra. Un caro saluto

Marco D'Innocenti ha detto...

Caro Luciano, anche io cerco di lavorare per sopravvivere e non di vivere per lavorare, ma quello che ho visto a Zanzibar credo sia un po' troppo. Il lavoro nobilita l'uomo, aldilà dei guadagni che esso porta. A volte ci affaccendiamo in cose che non ci garantiscono alcun guadagno, ma ci fanno stare bene per il solo motivo di occupare comunque il nostro tempo (penso per esempio all'organizzazione di eventi sportivi). Quanto alla domanda finale, conosco bene Leandro, ma non ho mai corso con lui. Un caro saluto

Davide R. ha detto...

Complimenti ..hai fatto un viaggio magnifico!
Sicuramente dovremmo apprezzare ancor di più quello che abbiamo ed essere sempre felici perchè stiamo veramente bene, se ci lamentiamo troppo spesso forse facciamo proprio un bel torto a chi ha molti più problemi..questo è un pò il mio pensiero..
Per il resto però anche mio cugino che è andato in Costa D'Avorio ha avuto la sensazione che la gente non cerchi di fare niente per cambiare il proprio stato ma si accontenta del minimo senza affaticarsi più di tanto in nessun tipo di lavoro.
ciao

Marco D'Innocenti ha detto...

Caro R.Davide, hai ragione, da queste esperienze dovremmo imparare ad apprezzare un po' di più quello che abbiamo ed i posti in cui viviamo. Un caro saluto

Anonimo ha detto...

In bocca al lupo per il tuo percorso d'amore insieme alla tua compagna. Sono un mezzofondista quasi 50 enne dell'atletica master veneta.
Volevo chiederti, com'è il clima e come sono i rapporti tra voi protagonisti della 100 mondiale ? Sono così come appaiono dalle recenti pubblicazioni sulle riviste del running e dai vostri siti/blog o non è poi tutto oro ciò che luccica ? Un saluto da Nick